domenica 18 maggio 2008

POLLI D'ALLEVAMENTO


“Polli d'allevamento”, scritto nel 1978, è uno degli spettacoli più intensi e polemici del “teatro canzone” di Giorgio Gaber.

Quest'opera, interpretata magnificamente da Giulio Casale, che rassomiglia a Gaber in modo sconcertante (nella mimica, nei gesti, persino nel timbro della voce), viene riproposta del tutto fedelmente, con arrangiamenti musicali di Franco Battiato e Giusto Pio.

Le disillusioni e i dubbi già presenti in “Libertà obbligatoria” qui si acuiscono e diventano rabbiosa certezza e sarcastico pessimismo. Le istanze rivoluzionarie del '68 si sono ormai spente. Ogni velleità di trasformazione politica e sociale si è svilita e appiattita. Gaber, con lucidità, intelligenza e ironia, dà sfogo a un'invettiva rassegnata e dolorosa in merito al degrado ideologico che permea quegli anni. Nelle sue parole si sente il sapore di un'amarezza livida e di un'impotenza estenuante, le cui uniche vie d'uscita sembrano essere l'isolamento e il disincantato distacco da ogni fugace moda.

L'anticonformismo a tutti i costi diviene una forma di conformismo al rovescio, e l'istrionico e sagace artista pone sullo stesso livello quella generazione di sedicenti giovani rivoluzionari e la borghesia reazionaria, ottusa e conservatrice contro cui quegli stessi giovani dovrebbero e vorrebbero lottare per rinnovarne i valori e fondarne di nuovi. Ma questi nuovi valori in realtà sono solo una posa, una patetica millanteria dietro cui si nasconde un terribile vuoto. La delusione è cocente. Il fermento, lo slancio e gli aneliti del sessantotto si sono tramutati in stridente qualunquismo a buon mercato. Non esiste più alcun sentimento di appartenenza, alcuna autentica manifestazione di partecipazione collettiva; ci si sente smarriti e irrimediabilmente soli. “Sono diverso e certamente solo” declama Gaber, con rammarico e orgoglio, in “Quando è moda è moda”, la canzone certamente più provocatoria e violenta di tutto lo spettacolo.

“Polli d'allevamento”, dunque, sancisce la presa di coscienza del fallimento di un sogno. Come il cantautore affermerà molti anni più tardi, riferendosi a un altro grande fallimento storico e politico: “ci si sente come in due, da una parte l'uomo inserito, che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana, e dall'altra il gabbiano, senza più neanche l'intenzione del volo, perchè ormai il sogno si è rattrappito. Due miserie in un corpo solo”.

E, a trent'anni esatti di distanza, “Polli d'allevamento” è ancora estremamente attuale. Qui sta la grandezza di questo eccezionale artista: non ci si stanca mai di ascoltarlo. Le sue analisi sociali sono sottili, profonde, illuminanti e dotate di un acume impareggiabile. Egli riesce a scavare nell'animo umano e nella cultura di un'epoca con una vis intellettuale sorprendente, e, allo stesso tempo, con ironia, autoironia, vivacità e giocosità, senza mai scivolare nella retorica, nella demagogia e nella banalità.


Chiara Manganelli


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