martedì 20 maggio 2008

L'ALTERITA' CHE DA' SENSO AI SENSI

Incontro, denso di tenerezza, come la polpa di un frutto maturo che accarezzi il palato e imbratti le le mani. Odore di dolcezza d'anima che si espande nella bocca, come un'esplosione di profumi ruggenti e sapori sapienti. Incontro di una mano incerta con il manto tenero e caldo di un corpo. Incontro di occhi, diversi nei destini, uguali nelle origini. Incontro di cammini che si intersecano nelle viscere fino a confluire in un unico punto. Due orme sul sentiero dell'arroganza, quattro su quello della bellezza. Perchè Il tempo ha incrinato e distorto gli specchi, ha adulterato il senso.

Mi vedo in quegli esseri, scorgo ancora un brandello logoro del mio passato, e in quegli sguardi c'è tutto quello che non voglio capire del mio presente.

Osservo quelle vite in fermento nella trasognanza inquieta di chi sente senza comprendere e sa che comprendere non è più necessario, e non è necessario spiegare. Mi nutro della loro sublime arte del dare senza chiedere, e da loro la imparo.

Noi, che deprediamo e rubiamo la vita per illuderci di poter vivere, paghiamo ogni giorno un fio salatissimo per la nostra saccente sfrontatezza. I gorghi bui della prepotenza ci divorano, fino a farci diventare carnefici di noi stessi.

Ciò che è importante è tutto lì, nell'intensità sottesa e velata di un attimo impalpabile, dove la realtà si trasfigura e il cuore penetra altrove, in uno spazio che non ha più bisogno di parole, ma solo di gesti abbozzati dall'intenzione e generati dalla passione e dall'istinto.

La comunicazione si ribalta: parte da lontano per andare ancora più lontano, e si acquatta lieve in spirali di confortante vicinanza. Le labbra non devono più muoversi per articolare l'indecifrabile, ma solo per percepire il gusto frizzante e sferzante del vento, della pelle, della materia, perchè le emozioni si riversano come ambrosia nel calice della vita, e tutti vi si possono abbeverare. Le dita intrecciano i nervi, il cui bandolo introvabile appare ora evidente.

In questi esseri trovo le radici mie e della mia balzana specie, e trovo tutto ciò che non ho mai osato cercare.

A che cosa mi servono le dita, le labbra, il naso, la vista, le orecchie? Sono solo pezzi inutili di un corpo stolto plasmato da un dio capriccioso che gioca schernendosi delle proprie chimere? O forse la carne parla, non con la parola ma con il sangue che vi scorre dentro e percuote le vene?

E se davanti a me non vi fosse nessuno, solo buio, desolazione e deserto, che cosa me ne farei di questi sensi?

Ciò che percepisco è vita, una vita altra che palpita fuori e dentro di me, all'unisono con la mia.

Ogni creatura, umana o non umana, è una mappa dove io mi ritrovo, dove io mi decifro e mi rifletto. Ma solo oltrepassando l'inganno della razionalità e della superbia potrò addentrarmi davvero nei misteri della vita.


Chiara Manganelli

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