giovedì 24 luglio 2008

L’IMMAGINE DIACRONICA E SINCRONICA COME SEMIOTICA CHE CONFERISCE INTELLIGIBILITA’ AL SOGNO




Il soggetto del gran sogno della vita
è in un certo senso uno soltanto:
la volontà di vivere”


A. Schopenhauer,
Il mondo come volontà e rappresentazione

Il 30 agosto 2008, presso l'ex Chiesa Anglicana di Alassio (SV), l’atelier “Bottega Indaco” di Torino inaugurerà una mostra collettiva di pittura dal titolo “Il volto come incarnazione del sogno”.
In esposizione, fino al 28 settembre, le opere di C. Palumbo, A. Zakamoto, C. Giraudo, L. Giai Baudissard e L. Bardella.
Ad accompagnare il vernissage una performance teatrale e la proiezione di un video.
La performance e il video sottolineano l’importanza estetica ed esegetica dell’immagine (eidos) - già evidente nelle scelte stilistiche e contenutistiche operate dagli artisti - e ribadiscono la sua funzione formale e comunicativa in relazione all’obiettivo che tale esposizione si prefigge: l’indagine del volto in quanto significante per decifrare gli enigmi del Sogno.
Ma per comprendere fino in fondo il percorso artistico e gnoseologico di questa mostra è necessario distanziarsi dalla credenza comune che concepisce la forma in contrapposizione alla sostanza, relegandola a un rango inferiore rispetto a quest’ultima e caricandola di valenze effimere, dispregiative e denigratorie. Qui diventa indispensabile ribaltare questa concezione travisata e distorta, per ripartire dall’assioma secondo il quale forma e sostanza non sono elementi antitetici e dicotomici, bensì concetti embricati e speculari. La forma dunque non è disgiunta dal suo contenuto, ma è un principio attivo di distinzione dell’essenza, “è la causa per cui un ente possiede una certa proprietà” (Aristotele).
Lo spettatore viene rapito e ammaliato da vortici di immagini che, pur correlandosi in modi differenti con la dimensione spazio-temporale, rimarcano l’enorme potere evocativo ed emotivo racchiuso in esse.
E così ha inizio un viaggio attraverso immagini che intrappolano tra le fibre di una tela giochi cromatici di un tempo soggettivo e ipotetico, per poi percorrere immagini che fissano, attraverso la fotopittura, un tempo reale che diviene irreale e relativo, approdando infine su territori pieni di fascinazione dove il tempo delle immagini è dialogico perché non viene fermato in un punto, ma scorre e fluisce, e in un caso risuona in sincronia con il vissuto dello spettatore nel tempo presente, nell’altro, invece, il tempo è una seduzione diacronica e differita, che lo spettatore, grazie al suo illimitato potere creativo e percettivo, può traslare dal tempo passato al tempo presente, rivivificandolo.
Il video “Il volto, incarnazione del sogno” (formato “dv CAM”, durata 4’), diretto da Luca Motolese e Ciro Palumbo, interpretato da Maria Mancini e musicato da Antonello Aloise, si ispira alla tradizione del cinema muto francese degli anni ’30, in particolare alla prima avanguardia cinematografica che vede in Fernand Léger uno dei suoi massimi esponenti. Questo video è una radiografia che scandaglia i segreti e le emozioni di un volto umano. Attraverso effetti digitali di viraggio del colore, dapprima ci si avvicina al volto osservandolo da diverse prospettive e angolazioni, esplorandone ogni recesso, ogni pertugio, ogni lieve sfumatura emozionale, e successivamente ci si addentra nel Sogno, perlustrandone le sue suggestioni più profonde e ancestrali.
Il video ci conduce dentro un’affascinante e ambivalente doppia mediazione sensoriale. La macchina da presa è un occhio nell’occhio, e crea nello spettatore – che diviene il terzo occhio - un particolare effetto percettivo di “distante vicinanza”, ed è proprio in virtù di questo ossimoro che l’occhio umano, paradossalmente, può arrivare a spingersi in territori dove, senza la mediazione dell’ “occhio tecnologico”, non potrebbe forse mai giungere. La macchina da presa, col suo sguardo quasi voyeuristico, permette di cogliere particolari minuscoli, impercettibili e nascosti, servendosi di un gioco ambiguo, illusorio e sottile di cui spesso ci dimentichiamo: non siamo mai noi che guardiamo ciò che desideriamo e scegliamo di vedere; noi possiamo guardare solo attraverso lo sguardo di chi dirige la macchina da presa, e dunque la realtà che osserviamo non sarà mai né la nostra, né tantomeno la realtà oggettiva, ma la realtà di un altro essere umano. E con questo sguardo dobbiamo identificarci e fonderci, perché solo così ci è concesso di poter vedere.
La performance “S-mascheramento di sprazzi di Sogno”, diretta da Marzia Scarteddu e interpretata da Franca Patrucco, Luisa Dante e Aldo Maggiolo (compagnia teatrale “La Bottega dell’Attore”), con musiche di Antonello Aloise, intende dare risalto, attraverso un intreccio di metamorfosi emozionali, alla versatilità e alla potenza espressiva del volto. E dalla vis delle emozioni si confluisce nell’oceano meraviglioso e turbolento del Sogno.
Come i pupi siciliani si muovono e si dimenano in virtù di fili invisibili manovrati da mani misteriose, così in questo spettacolo sarà uno degli attori a “manovrare” gli altri, fornendo l’incipit alle variazioni interpretative messe in scena. Con questa scelta registica si vuole sottolineare l’elemento relazionale e interpersonale che sottende inevitabilmente ogni emozione umana: il pathos emotivo che il volto incarna e comunica ha il sapore del gioco del “domino”, perché le emozioni, come scintille e riflessi di specchi baluginanti, irradiano da un’anima, penetrano in un’altra e rimbalzano su un’altra ancora, all’infinito. Esse dunque si propagano quasi per osmosi da un essere all’altro, vengono assorbite, inghiottite, indossate, e, infine, relativizzate da ognuno di noi, generando un binomio unico e irripetibile, dove insieme a peculiarità squisitamente individuali e personali coesistono caratteristiche universali che permettono, in ogni contesto storico e culturale, di riconoscere e attribuire un significato univoco e inequivocabile alle loro manifestazioni somatiche.

Chiara Manganelli

mercoledì 16 luglio 2008

TESTO CRITICO DEL CATALOGO DELLA MOSTRA "IL VOLTO INCARNAZIONE DEL SOGNO"

A Luca, Ciro, Claudia, Laura e Luisella

che hanno donato linfa, fuoco e ricchezza ai miei Sogni,
aperto nuove porte alla mia anima e al mio cuore,
e senza i quali non sarebbero mai esistiti
né questo testo, né la persona che l’ha scritto

Con l’augurio che possano sempre avere la forza e la tenacia per dare consistenza e forma ai loro Sogni


“Non si vede bene che con il cuore,
l’essenziale è invisibile agli occhi”

Il Piccolo Principe, A. de Saint-Exupery


UN VIAGGIO
DALL’ILLUSIONE DELLA REALTA’
ALLA REALTA’ DEL SOGNO

Mi aggiro, come profugo in cerca di companatico, tra gli anfratti scivolosi e impervi di un universo ambivalente e cangiante. Sono in viaggio, ma ho perso la bussola. La mia nave è governata da venti veementi e disforici. Il mio mare è in rivolta, sconquassato dalle tempeste, e si aggroviglia su se stesso rimescolando i desideri, confondendo le emozioni e occultando i tesori custoditi dagli abissi. Scorgo – o sogno? - la dolcezza di un’Itaca accogliente abbarbicata tra le luci soffuse dell’orizzonte, ma non distinguo più l’illusione dalla realtà.
Dopo un tempo indefinibile e indefinito approdo su una terra sconosciuta e straniera: un’isola dai profumi di spezie, dalla luminosità intensa e sfolgorante, che culla le pupille tra le sinuosità dei suoi misteri ammalianti e imperscrutabili. E’ la mia agognata Itaca oppure è un territorio ostile e insidioso, abitato da una Circe conturbante e ingannevole?

Inizia così il mio esodo dal mondo materiale delle illusioni alle suggestioni raffinate di queste due mostre che vogliono celebrare il Sogno in tutte le sue sfaccettature e incarnazioni.
S. Freud riteneva che l’artista fosse in grado di attingere ai moti più segreti dell’anima, sublimando i propri desideri reconditi e le proprie pulsioni nascoste. E’ indubbio che la pittura possegga valenze euristiche, esegetiche ed evocative sconfinate. Nessun’altra forma d’arte riesce a mettere in luce in modo altrettanto pregnante e potente il magma incandescente dell’inconscio.
Il Sogno qui viene assurto quasi ad archetipo universale, ed è un mezzo per accedere sia al proprio inconscio individuale, sia a quella dimensione psichica, comune a tutti gli esseri umani, che G. Jung chiamò inconscio collettivo.
La personale di Ciro Palumbo accoglie le risonanze del Sogno e le trasla sulla tela conferendo ad esse molteplici sembianze, mentre l’esposizione collettiva (C. Palumbo, A. Zakamoto, C. Giraudo, L. Giai Baudissard e L. Bardella) esplora il volto umano in quanto elemento ermeneutico per comprendere il Sogno, che ci conduce ad esso attraverso una sorta di processo epagogico denso di caratteristiche metacomunicative.
Il mio è un viaggio emozionale all’interno di questo percorso artistico, che oscilla tra vari ruoli e identità. E’ un bizzarro gioco teatrale di metamorfosi e sdoppiamenti.
E, come un benevolo Caronte, cercherò di traghettare le anime dalla sponda del mondo conosciuto alle rive di universi stupefacenti e seducenti, dal mondo limitato e circoscritto della realtà spuria e immanente al mondo sterminato e sconfinato del Sogno.

Vedo in lontananza viaggiatori intrepidi e impavidi che si inerpicano lungo sentieri incantati e frastagliati. Mi avvicino lentamente a loro, di soppiatto, acquattandomi e nascondendomi in mezzo alla fitta vegetazione, come inspiegabilmente attirata dall’irresistibilità gravitazionale di un magnete. Portano con sé bisacce ricolme di misteri. Il loro bagaglio è leggero, il loro passo sicuro e veloce. Sembra sappiano dove dirigersi.
Li guardo, osservo i loro occhi, che paiono diamanti opalescenti, gocce di densa rugiada che brillano alla luce dell’alba. Il loro sguardo è una sferzata languida che scintilla lungo i cunicoli di un labirinto arcano e sdrucciolevole. Dove vanno quegli uomini e quelle donne? Qual è la loro meta ultima?
Mi guardano e mi sorridono, come se mi aspettassero da sempre. Mi avvicino ancor più, con circospezione e prudenza.
“Vieni con noi” mi sussurrano con voce armoniosa che pare una musica inebriante. Mi prendono per mano e mi portano via.

Con le opere di Ciro Palumbo “entriamo nel Sogno” in modo sconcertante e visionario, percorriamo il fascino di miti e leggende dell’antichità, ci troviamo attorniati da simbolismi, contrasti, parossismi e giochi cromatici che ci ricordano i grandi mostri sacri della Scuola Metafisica e del Surrealismo (G. De Chirico, A. Savinio, R. Magritte, S. Dalì), ma Palumbo reinventa e reinterpreta la tradizione formale di queste due grandi correnti artistiche per approdare a una pittura del tutto personale e originale.
Affondo nelle poliedriche sfumature oniriche che popolano le sue opere, rovisto oltre la superficie per scoprire il significato ultimo che esse intendono esprimere. Mi sento un giullare ramingo, un viandante smanioso, un Orfeo irrequieto che contravviene agli ammonimenti di Plutone e si volta indietro per cercare l’Amore.
Mi perdo tra i suoi palcoscenici gremiti da dei, semidei, eroi e chimere, teatri dove la commedia umana, tra mito, sogno e realtà, si consuma e si perpetra dalla notte dei tempi, sempre uguale ma sempre diversa. Vago come un naufrago tra eterei oceani interiori; incespico come un giullare da avanspettacolo tra frammenti di giochi circensi. Balzo come un funambolo da un’isola all’altra, cercando spasmodicamente salvezza e riparo dalle tempeste dell’anima. E la Bellezza esteriore e interiore è un baluardo inoppugnabile, è il “filo di Arianna” che ci guida lungo i sentieri seducenti di questa peregrinazione incessante.
Spesso ci si fonde con l’oggetto osservato, soprattutto se esso racconta una storia ed evoca emozioni ancestrali impresse nella memoria biologica e psicologica della nostra specie.
Riprendo il mio cammino, avventurandomi alla scoperta di questi ed altri Sogni…

Da un viaggio incerto e confuso, intrapreso per caso, eccomi immersa in un viaggio cosmico, lungo spirali vorticose che trascendono il tempo e lo spazio.
Questi uomini e queste donne, adornati da sogni sgargianti, mi conducono tra le pieghe morbide e voluttuose di sarabande fiammeggianti e respiri infiniti, accesi da colori ruggenti e mondi avvolgenti.
Palpita la mia carne, e il mio sangue pulsa nuovamente di un rosso cremisi che screzia l’anima di vita e passione.

La strada che porta al Sogno, dunque, è lunga, piena di sorprese, folgorazioni e imprevisti. E sul cammino incontro altri arditi cantastorie che aprono le porte dei loro mondi allo spettatore che voglia scoprire i segreti racchiusi nelle loro opere.
Il Sogno si trasforma, si scinde in infinite possibilità, perlustra miriadi di identità e prospettive. E dalle affabulazioni di Palumbo entriamo nel “futurismo” di Akira Zakamoto, che, attraverso impasti cromatici potenti e accesi, annuncia un futuro “in nuce”, che è, sarà ed è già avvenuto, perché nel suo Sogno la linearità del tempo perde di pregnanza e rilevanza, e la convenzionalità spazio-temporale a cui il mondo contingente ci avvezza viene trascesa e superata. Il Sogno, nella pittura di Zakamoto, assume un significato escatologico, e si abbarbica tra gli sfavillanti sguardi vaticinanti di esseri puri e profetici. Bambini avvolti dall’indaco detengono la chiave che apre la via al cambiamento universale e ne preconizzano la realizzazione sospingendo il genere umano verso un’evoluzione naturale e necessaria che ha valenze endogene prima ancora che collettive. I suoi mondi esplodono, si disgregano e si destrutturano non per nichilismo e disfattismo, bensì per seguire e assecondare le correnti di un flusso inesorabile che si tinge di luce e positività. Ogni fine preannuncia sempre un inizio. Questo processo è scevro da scotomizzazioni e separazioni: è una confluenza. Le dicotomie non sono dolorose lacerazioni, ma diversi aspetti di un'unica dimensione olistica e “panica” che contiene e armonizza anche le apparenti contrapposizioni. La deflagrazione del vecchio non intende essere una frattura conflittuale, insanabile e traumatica, ma rappresenta una continuità evolutiva connotata da fiducia e autoconsapevolezza. Come affermava Eraclito, non ci si può immergere due volte nello stesso fiume, perché “panta rei”. Il viaggio di Zakamoto è ascendente, mai discendente, ed è prima di tutto un viaggio spirituale e interiore.

I due uomini e le tre donne si muovono con passo eterico ed evanescente. I loro sogni hanno trame e storie diverse, eppure si intrecciano come un ordito tessuto dalle dita affusolate e sapienti di un dio irriverente e giocoso.
Questi esseri si abbeverano di desideri tenaci e sfrontati, e si sfamano dei loro munifici sogni per regalare al mondo delle forme immanenti cascate di colori caleidoscopici e iridescenti.

E in questo viaggio esorbitante che non ha mai fine, vedo occhi simili ai miei, fieri e limpidi, di lunari creature femminee che dispensano linfa vitale all’arte, perpetrano la propria forza sotterranea e affermano la propria divina e orfica identità.
Le elaborazioni fotografiche di Laura Giai Baudissard ci portano alla radice filogenetica del nostro essere, esprimendo l’anelito a un ricongiungimento con la sacralità della natura intesa come “physis”, forza generatrice e propulsiva che profonde vita, amore, interezza e movimento all’essere umano, elargendo un senso profondo alla sua esistenza. Ma prima ancora di recuperare un contatto con la terra e la natura, l’uomo deve riconnettersi con il proprio inconscio, dunque con la propria natura primordiale. Perché solo ritrovando l’armonia interiore è possibile raggiungere un’armonia con ciò che ci circonda. Giai Baudissard ci comunica che viviamo in un mondo di illusioni sistematiche, endogene ed esogene, che ci sviano costantemente dalla strada che ci dovrebbe riportare a raggiungere noi stessi. Ed è necessario superare il frastuono fragoroso che ogni giorno ci disorienta e ci inganna per tornare a immergerci dentro la nostra essenza autentica, in sintonia con il Tutto.

Questi rabdomanti scavano nei recessi delle loro anime con l’ingenuità lieve di bambini rapiti dall’enfasi di una Bellezza assoluta, che risucchia chiunque la sfiori dentro i suoi maliardi vortici di irruente eternità.
Si specchiano dentro laghi lattiginosi di dolce ambrosia che accarezza i sensi e si espande tra i sentieri scoscesi del piacere. Non si compiacciono della propria bellezza come stolti Narcisi smembrati e trasformati in petali caduchi, bensì cantano, come aedi che oscillino attraverso il tempo e lo spazio, la Bellezza di universi assopiti tra le radure dell’anima umana, e la cecità diviene sguardo sapiente che si spinge oltre le frontiere della consuetudine. La loro voce è il pennello, e volteggiano tra bianche tele su cui riversano mestiche di mistici colori che risuonano come profetiche melopee intonate da vibranti e magnifiche cetre.

Da sinuosi tentacoli d’edera avvoltolati attorno a sguardi scintillanti, sprofondo in nuvole vermiglie che celano un sorriso ammiccante e lucente. La pittura di Claudia Giraudo si snoda lungo palcoscenici calcati dal passo nobile ed elegante di attori senza tempo, avviluppati da broccati preziosi e
monili pregiati. Questi personaggi sono avulsi da qualsiasi contesto storico e spazio-temporale, perché simboleggiano l’inesauribile gamma delle possibili identità dell’essere umano. Essi giocano sulle tele, si trastullano con i colori e gli oggetti, ma Giraudo non intende rappresentare dei guitti sornioni e grotteschi che si burlano di se stessi e degli altri, bensì figure altere e perfette che inventano e plasmano infinite maschere, in quanto individui liberi di essere chiunque pur mantenendo la propria identità ontologica più intima e profonda. Attraverso questo gioco faceto e ironico di seducenti metamorfosi, Giraudo vuole encomiare ed esaltare la bellezza dell’individuo nel momento in cui si spoglia delle sue fattezze e vestigia abituali, esce dalle prigioni dell’immobilità e della prevedibilità, supera gli schemi, le aspettative, lo stigma della categorizzazione che la società e il Super Io gli impongono, per lambire la libertà di essere se stesso fino in fondo. Un Sogno, dunque, che ha il vago sapore di un paradosso, perché, attraverso l’incarnazione di personaggi (maschere) diversi da sé, si realizza la personificazione della propria eterna e assoluta bellezza, ed è proprio in virtù di questo meccanismo che ci si emancipa dalla propria persona (intesa come maschera, secondo l’accezione latina del termine).

Questi cantori, oracolanti acrobati a caccia della magia sinuosa del Sogno, conducono me, spettatore inerme e ignaro, dentro questo viaggio sorprendente, e plasmano i miei occhi come fossero perle indaco di plastilina da reinventare e rimodellare, per forgiare sguardi nuovi e strabilianti.
Un viaggio nel viaggio. Il mio, che si incrocia con il loro. Il loro, che diventa anche il mio. Mi specchio nella mia frammentazione per imprimere respiro alle contorsioni torbide e farraginose dei miei Sogni. E i miei sogni si stagliano sui loro, vi si adagiano e vi si mescolano, rigenerandosi all’infinito. Un gioco di specchi che si riflettono l’uno nell’altro, incessantemente, intrecciando baluginii silenti e sottili, ossimori, paradossi, simboli onirici, frammenti di passato e futuro, in una sarabanda dionisiaca che scuote i nervi e scandaglia le fibre tortuose dell’inconscio.

Luisella Bardella ci conduce sulla soglia di un Sogno intimo e delicato che prefigura qualcosa che ancora non esiste, eppure stanzia già nelle viscere, e forse lì vi si accoccola da sempre: due lembi di una sola anima si ricongiungono nell’atemporalità del Sogno prima ancora che nella realtà fenomenica. Il legame unico e meraviglioso che unisce in modo simbiotico e indissolubile una madre a una figlia diviene una scelta intensa e tenace, che si erge oltre la confusione del caos. Dunque il Sogno annienta la casualità del fato e forgia la realtà perseguendo desideri e aspirazioni personali. Il dolce contrappunto di due anime che si cercano e si fondono, trascendendo il tempo lineare e anticipando la compenetrazione materiale dei corpi, ci fa comprendere che gli eventi del mondo fisico sono il riflesso manifesto di un mondo più sottile e misterioso, e nulla avviene mai per caso, ma ogni cosa, consciamente o inconsciamente, viene scelta da noi. Questo “paradigma” conferisce all’essere umano il ruolo di nocchiere e auriga della propria vita, e, allo stesso tempo, lo cala in una dimensione di responsabilità ineludibile nei confronti di se stesso e degli altri.
Bardella ci porta anche, attraverso le proprie opere, dentro intriganti mondi materici dove la manipolazione della materia diviene catarsi e sperimentazione continua, alimentata da un flusso creativo che permette di esprimersi inventando nuovi e imprevisti tessuti semantici. E le forme consuete e desuete acquistano significati diversi e originali, così come forme sconosciute possono combinarsi e ricombinarsi per essere ricondotte a simboli visivi noti e familiari.

Ogni tanto ci viene concesso il privilegio di uscire dalla caverna platonica in cui siamo imprigionati e intrappolati, e possiamo così percepire non solo ombre cinesi che brulicano su un muro, ma anche la realtà che le genera.
Guardo ancora i volti di questi profetici maieuti, volti trasognanti che generano e partoriscono altri volti sfolgoranti e sfavillanti. E non distinguo più la consistenza della carne viva dall’amalgama di colori impressi su filigrane di cotone. Forse non è possibile compiere questo discernimento. Perché quando l’apogeo del viaggio si avvicina, tra realtà e sogni non esiste più alcuna differenza.

Chiara Manganelli

INTERVISTA CON AKIRA ZAKAMOTO

AKIRA ZAKAMOTO
ONIRICO RABDOMANTE ALLA RICERCA DEL CAMBIAMENTO UNIVERSALE

Akira Zakamoto, al secolo Luca Motolese (http://www.zakamoto.com.), lavora presso l'atelier d'arte “Bottega Indaco” di Torino, di cui ne è il fondatore insieme a Ciro Palumbo.
Le sue opere (oli e acrilici su tele e tessuti) sono popolate da angelici messaggeri che simbolicamente annunciano e innescano un percorso di cambiamento cosmico.
Parteciperà alla mostra collettiva “Il volto, incarnazione del Sogno” (Alassio, 30 agosto - 28 settembre 2008) con alcuni quadri che esprimono il desiderio di rinnovamento e rinascita universale.
Qui di seguito una breve intervista con l'artista.

1. Che cos’è il Sogno?

Il Sogno è una manifestazione dell’universo inconscio. Il Sogno è il futuro, è un avanguardia immateriale, incarna il pianeta che sarà, è l’immagine di un evento che si è già realizzato in un’altra dimensione temporale.

2. Qual è il rapporto tra Sogno e Realtà? E l’arte dove si colloca?

Tra Sogno e Realtà sussiste lo stesso rapporto che c’è tra conscio e inconscio, tra universo fisico e universo metafisico (intendendo il termine “metafisico” secondo l’accezione etimologica).
La pittura porta nella realtà il pensiero metafisico.
Il Sogno è reale, ma appartiene a un livello di realtà diverso da quello contingente e immanente: è generato da una realtà metafisica. Noi ci siamo incarnati per assecondare il flusso del cambiamento e farne esperienza, per modificare la realtà fisica e plasmarla in funzione del nostro obiettivo.

3. Perché il volto può rappresentare il Sogno?

Il volto è una tela su cui si dipingono le emozioni più intime di un essere umano, senza la mediazione della razionalità e della mente conscia, per questo è il terreno ideale da indagare per andare alla scoperta dei sogni.

4. La tua arte che cosa intende rappresentare e comunicare?

I miei quadri simboleggiano una rinascita, rappresentano il cambiamento “in nuce” del genere umano. Per dare risalto a questo messaggio ho usato una metafora eccentrica e singolare: il mio alter ego, Zakamoto, ha appreso da esseri venuti da altri mondi la necessità di una rivoluzione interiore e cosmica. Luca Motolese invece lo ha appreso da se stesso, attraverso percorsi di evoluzione e crescita personale.
Il cambiamento può essere percepito come una catastrofe o come una rinascita. Per me il cambiamento è sempre positivo. Ho fiducia nella vita e ho consapevolezza dell’esistenza di un dio interiore che ci guida verso una costante evoluzione spirituale.
L’arte ha una funzione maieutica e comunicativa. I miei quadri sono un dono, e attraverso di essi io esprimo e do amore. Mi piacerebbe che lo spettatore risuonasse all’unisono con le mie opere, vi entrasse dentro, vi ci specchiasse, e attraverso di esse acquistasse una consapevolezza nuova.
Dunque per me è essenziale diffondere un’idea di cambiamento. Per raggiungere questo obiettivo ho da poco dato vita al progetto “Future flag”, una bandiera dipinta itinerante che vorrei facesse il giro del mondo.

5. Come si coniugano la dimensione estetica e l’esigenza comunicativa?

Il concetto per me è più importante della forma, tuttavia esiste un parallelismo tra estetica e intento comunicativo, e a livello cromatico c’è una relazione simbolica tra i colori e i concetti.
Provengo da una formazione che attinge i propri canali espressivi dal cinema, dalla grafica e dalla comunicazione pubblicitaria, e dunque nei miei quadri mi rifaccio a questi canoni estetici.
Inoltre amo partire dalla scrittura per poi tradurla in immagini.

Chiara Manganelli

IL VOLTO, INCARNAZIONE DEL SOGNO
Mostra di pittura – Esposizione collettiva dell’atelier “Bottega Indaco” di Torino:
Ciro Palumbo – Akira Zakamoto – Luisella Bardella – Claudia Giraudo – Laura Giai Baudissard
Dal 30 agosto al 28 settembre 2008
Ex Chiesa Anglicana, Via Adelasia, 10 – Alassio (SV)
Curatore: Nicola Angerame

Per informazioni:
Bottega Indaco - Via Frassineto, 34 – 10139, Torino - Tel. 347 8143278 - bottegaindaco@tiscali.it - http://www.bottegaindaco.blogspot.com/

Ufficio stampa - nicola.angerame@libero.it

Catalogo in sede, a cura di Nicola Angerame e Chiara Manganel
li

INTERVISTA CON CIRO PALUMBO

CIRO PALUMBO
AFFABULATORE DEL SOGNO
AEDO DELL’INCONSCIO

Ciro Palumbo (http://www.palumbociro.it ) lavora presso l'atelier d'arte “Bottega Indaco” di Torino, di cui ne è il fondatore insieme ad Akira Zakamoto.
Le sue opere, che attingono al bagaglio della Scuola Metafisica, rappresentano mondi surreali dove il Sogno pervade e abbraccia ogni cosa.
Parteciperà alla mostra collettiva “Il volto, incarnazione del Sogno” (Alassio, 30 agosto - 28 settembre 2008) e presenterà la propria personale “Entriamo nel Sogno” presso la galleria “Arte è Kaos” (Alassio, 6 settembre - 28 settembre 2008). Dal volto come emblema del Sogno, Palumbo ci porterà a esplorare universi ammalianti e visionari, permeati da fantasmagoriche simbologie oniriche.
Qui di seguito una breve intervista con l'artista.

1. Che cos’è il Sogno?

Il Sogno è un viaggio lungo i sentieri del desiderio, che non conosce menzogna. E’ una realizzazione che restituisce un senso a se stessi partendo dalla sfera delle aspirazioni e dei bisogni, per poi elevarsi e nobilitarsi, diventando spiritualità.
I sogni nascono dalla mia vita quotidiana e dal mio inconscio, tracciano una linea immaginaria che corre parallela al binario della realtà. Ma realtà e Sogno a un certo punto del loro cammino si incontrano e divengono un’unica entità, poi si separano nuovamente, nuovamente si ricongiungono, e così via. Questo processo non deve esaurirsi mai: bisogna avere sempre dei sogni da realizzare, verso cui tendere.

2. Qual è il rapporto tra Sogno e Realtà?

Il rapporto tra Sogno e realtà è un rapporto naturale: sono l’uno la continuazione dell’altra, e rappresentano aspetti diversi della stessa dimensione.

3. Perché il volto può rappresentare il Sogno?

Perlustrare un volto significa aprire una finestra che si affaccia sull’intimità di un individuo. E’ interessante riuscire ad andare al di là delle maschere che le persone indossano per svelare la consistenza segreta dei sogni.
L’anima e il corpo sono amanti, e dal loro amplesso si genera il Sogno. Quando il Sogno diventa realtà, essi finalmente collimano nella libertà dell’amore e della vita piena.

4. La tua arte che cosa intende rappresentare e comunicare?

Dipingendo io sogno, e sognando trasformo i colori in emozioni. Mi sento un cantastorie, un aedo. Vado a caccia di atmosfere, luoghi, suggestioni e personaggi.
Nella mia pittura faccio uso di antitesi e contrasti, e di riferimenti simbolici attinti ai canoni estetici dell’antica Grecia, perché quell’ideale estetico incarna non solo una bellezza esteriore ma anche interiore, di perfezione e purezza. E intendo raccogliere le testimonianze del nostro passato perché noi possiamo capire il nostro presente solo se ci voltiamo a guardare l’esperienza di chi ci ha preceduto, assorbendone gli insegnamenti.
Amo rappresentare i miti classici per comunicare positività, bellezza e valori universali, e per raccontare il viaggio seducente e sorprendente dell’esistenza umana.
L’arte per me è un bisogno, è catarsi, ma attraverso la pittura voglio anche comunicare dei messaggi e delle emozioni.


Chiara Manganelli

IL VOLTO, INCARNAZIONE DEL SOGNO
Mostra di pittura – Esposizione collettiva dell’atelier “Bottega Indaco” di Torino:
Ciro Palumbo – Akira Zakamoto – Luisella Bardella – Claudia Giraudo – Laura Giai Baudissard
Dal 30 agosto al 28 settembre 2008
Ex Chiesa Anglicana, Via Adelasia, 10 – Alassio (SV)
Curatore: Nicola Angerame

Per informazioni:
Bottega Indaco - Via Frassineto, 34 – 10139, Torino - Tel. 347 8143278 - bottegaindaco@tiscali.it - http://www.bottegaindaco.blogspot.com/

Ufficio stampa - nicola.angerame@libero.it

Catalogo in sede, a cura di Nicola Angerame e Chiara Manganelli

INTERVISTA CON LUISELLA BARDELLA

LUISELLA BARDELLA
LA MANIPOLAZIONE DELLA MATERIA COME ISTINTO CREATIVO

Luisella Bardella lavora presso l'atelier d'arte “Bottega Indaco” di Torino.
La sua ricerca artistica tende a plasmare reinterpretare la materia per dare forma e consistenza alla spinta onirica.
Parteciperà alla mostra collettiva “Il volto, incarnazione del Sogno” (Alassio, 30 agosto - 28 settembre 2008) con alcune opere che esprimono l’esigenza di trascendere la convenzionalità giocando con lo spazio, il tempo e i colori, per andare alla ricerca di desideri e speranze.
Qui di seguito una breve intervista con l'artista.

1. Che cos’è il Sogno?

Il Sogno è progettualità, è la speranza di poter trasformare la Realtà per diventare attori protagonisti della propria vita, scrivendone in prima persona la sceneggiatura. Ci vuole impegno, fede e coraggio per realizzare i propri sogni, e ciò presuppone una profonda conoscenza di se stessi e dei propri desideri.

2. Qual è la relazione che sussiste tra Sogno e pittura?

La pittura traduce i sogni in realtà attraverso l’enorme forza immaginifica ed evocativa che l’artista è in grado di imprimerle. Essa è una chiave che apre orizzonti nuovi, che svela i segreti celati dietro il sipario della convenzionalità e della banalità, permettendo di andare al di là della superficie delle cose.

3. Che cos’è per te l’arte? E che cosa intende rappresentare e comunicare?

L’arte per me è un istinto creativo, un’urgenza, un bisogno. Mi piace giocare con la materia, plasmarla e trasformarla. Per me i colori e la materia sono mezzi di sperimentazione per capirmi e conoscermi. Dunque faccio arte principalmente per me stessa. L’arte per me non è una missione.
Però mi piacerebbe che gli spettatori, guardando le mie opere, scoprano aspetti inconsueti della realtà in cui sono immersi. Il mio intento è quello di fornire una chiave di lettura diversa di una stessa realtà, per forgiare nuovi significati e nuove strade. La pittura dovrebbe essere un mezzo per scorgere ciò che già esiste, ma che solitamente non vediamo perché non riusciamo a spostare il nostro punto di vista, e ci fossilizziamo così su prospettive usuali, trite e canoniche.

Chiara Manganelli


IL VOLTO, INCARNAZIONE DEL SOGNO
Mostra di pittura – Esposizione collettiva dell’atelier “Bottega Indaco” di Torino:
Ciro Palumbo – Akira Zakamoto – Luisella Bardella – Claudia Giraudo – Laura Giai Baudissard
Dal 30 agosto al 28 settembre 2008
Ex Chiesa Anglicana, Via Adelasia, 10 – Alassio (SV)
Curatore: Nicola Angerame

Per informazioni:
Bottega Indaco - Via Frassineto, 34 – 10139, Torino - Tel. 347 8143278 - bottegaindaco@tiscali.it - http://www.bottegaindaco.blogspot.com/

Ufficio stampa - nicola.angerame@libero.it

Catalogo in sede, a cura di Nicola Angerame e Chiara Manganelli

INTERVISTA CON CLAUDIA GIRAUDO

CLAUDIA GIRAUDO
IL GIOCO DI TUTTI GLI “IO” POSSIBILI

Claudia Giraudo lavora presso l'atelier d'arte “Bottega Indaco” di Torino.
La sua ricerca artistica tende a decontestualizzare l’individuo al fine di arricchirlo, nobilitarlo e conferirgli una dimensione di giocosa ed elegante atemporalità.
Parteciperà alla mostra collettiva “Il volto, incarnazione del Sogno” (Alassio, 30 agosto - 28 settembre 2008) con alcuni quadri che esprimono il desiderio di rappresentare il sogno della teatralità per il gusto di uscire da se stessi ed entrare in altre dimensioni possibili.
Qui di seguito una breve intervista con l'artista.

1. Che cos’è il Sogno e che origini ha?

Il Sogno è un’esperienza alchemica atemporale che nasce dai nostri desideri e dai nostri bisogni, e che permette a un individuo di poter esprimere pienamente se stesso. E’ una spinta verso il cambiamento e la trasformazione della Realtà, per sperimentare una condizione in cui tutto è possibile. Il Sogno esprime l’intimità di un essere umano, perché ogni Sogno è unico e irripetibile. E’ un percorso eterico che si materializza attraverso i sensi per diventare tangibile.

2. Qual è il rapporto tra Sogno e Realtà? E l’arte, in questo binomio, dove si colloca?

Sogno e Realtà viaggiano su due piani paralleli che tendono a intersecarsi a un certo punto del loro cammino. Il Sogno si colloca su un piano astratto, la Realtà invece su un piano materiale, e noi viviamo tra queste due dimensioni, altalenando incessantemente da una all’altra.
La pittura consente, attraverso la manipolazione della materia e l’esperienza sensoriale, di trasformare il Sogno dell’artista in Realtà, secondo la forma che egli ha scelto di conferirgli, per poi ritornare, in virtù di uno spettatore che lo assorbe e lo trasforma, nuovamente astrazione.

3. Perché il volto può rappresentare il Sogno?

Ogni particella del nostro corpo parla, ma il volto più di tutto: racchiude ogni sfumatura della vasta gamma delle emozioni umane, incarna tutti e cinque i sensi e, secondo la fisiognomica, può anche rivelare determinate peculiarità caratteriali. Dunque esso è il mezzo più efficace per capire e carpire i sogni e l’intimità degli esseri umani.

4. La tua arte che cosa intende rappresentare e comunicare?

Io desidero dare agli altri la possibilità di vivere il loro Sogno attraverso il mio. E’ proprio grazie a questo processo che il Sogno diviene libertà incondizionata e comunicazione universale: ogni Sogno ne genera un altro, all’infinito. Mi piace pensare che ciò che sogno si possa materializzare attraverso il mio corpo e diventare un’immagine che lo spettatore può vedere e comprendere. E non mi infastidisce, anzi, mi affascina, l’idea che il mio Sogno possa essere interpretato secondo innumerevoli e imprevedibili combinazioni, creando spunti e stimoli nuovi.
La mia pittura vuole rappresentare dei personaggi, dei teatranti, che trascendono la dimensione spazio-temporale per diventare figure simboliche che rispecchiano tutti gli “Io” possibili che albergano dentro di noi. Attraverso il travestimento l’identità cangia e gioca a scoprire le proprie infinite possibilità. E grazie a queste metamorfosi il nostro spirito si evolve, cresce e si espande.

Chiara Manganelli

IL VOLTO, INCARNAZIONE DEL SOGNO
Mostra di pittura – Esposizione collettiva dell’atelier “Bottega Indaco” di Torino:
Ciro Palumbo – Akira Zakamoto – Luisella Bardella – Claudia Giraudo – Laura Giai Baudissard
Dal 30 agosto al 28 settembre 2008
Ex Chiesa Anglicana, Via Adelasia, 10 – Alassio (SV)
Curatore: Nicola Angerame

Per informazioni:
Bottega Indaco - Via Frassineto, 34 – 10139, Torino - Tel. 347 8143278 - bottegaindaco@tiscali.it - http://www.bottegaindaco.blogspot.com/

Ufficio stampa - nicola.angerame@libero.it

Catalogo in sede, a cura di Nicola Angerame e Chiara Mang
anelli

INTERVISTA CON LAURA GIAI BAUDISSARD

LAURA GIAI BAUDISSARD
IL VOLTO DELLA FUSIONE PRIMORDIALE CON IL TUTTO

Laura Giai Baudissard lavora presso l'atelier d'arte “Bottega Indaco” di Torino.
La sua indagine artistica intreccia varie forme espressive: la fotografia, la pittura e le tecniche digitali.
Parteciperà alla mostra collettiva “Il volto, incarnazione del Sogno” (Alassio, 30 agosto - 28 settembre 2008) con alcune elaborazioni fotografiche che esprimono il desiderio di fusione tra l'uomo e la natura.
Qui di seguito una breve intervista con l'artista.


1. Qual è, secondo te, il rapporto tra Sogno e Realtà? E l’arte, in questo binomio, dove si colloca?

Secondo me tra Sogno e Realtà c’è una differenza di dimensioni e di livelli di percezione e consapevolezza. Il Sogno si colloca in una dimensione più profonda e intima, mentre la Realtà appartiene a un piano più manifesto e superficiale. Attraverso il Sogno noi riusciamo a contattare parti di noi stessi che appartengono all’Inconscio. Sogno e Realtà sono dunque due dimensioni parallele, che però possono incontrarsi e contaminarsi.
L’arte si colloca su una terza dimensione, su un piano intermedio e rappresenta il punto di intersezione tra Sogno e Realtà, perché nell’arte si riesce a sperimentare e coniugare entrambe queste dimensioni. E’ proprio attraverso l’Arte, infatti, che riusciamo a proiettare nel reale i nostri sogni, rendendoli intelligibili e manifesti. L’espressione artistica è dunque un mezzo per comunicare al mondo esterno il nostro mondo interno.

2. Esistono, secondo te, dei canoni e dei paradigmi universali che possano definire il Sogno in rapporto alla Realtà, oppure questi due concetti hanno radici esclusivamente soggettive e contestualizzate?

Sono portata a credere che esistano delle componenti di universalità. Penso questo perché ho fatto esperienza, attraverso percorsi come la meditazione, di verità e gradi di coscienza che hanno a che fare, secondo me, con una dimensione che trascende la relatività e si colloca su un livello universale e assoluto.
Ma credo anche che la soggettività conti moltissimo: ognuno ha una propria percezione della realtà e ad essa dà una propria interpretazione, così come ognuno ha i propri sogni.

3. Il Sogno, secondo te, ha genesi endogene, esogene o entrambe?

Entrambe. Il Sogno è il risultato dell’interazione tra il bagaglio personale di una persona e il mondo esterno, e questa interazione dà vita a un mondo unico e nuovo.

4. Che cos’è PER TE il Sogno?

Il Sogno può essere inteso in senso classico e letterale come manifestazione mentale di immagini durante il sonno, o come aspirazione e desiderio. Ma per me è qualcosa di più sottile: penso sia una proiezione del tempo passato o futuro sul presente, e dunque una specie di alterazione della realtà, perché quando sogniamo non siamo mai totalmente nel tempo presente.

5. La tua arte quali universi onirici intende rappresentare?

Le mie opere vogliono comunicare il tentativo di ricontattare il proprio mondo inconscio per ritrovare un’armonia interiore, e, di conseguenza, anche un’armonia con ciò che ci circonda, in particolar modo con la natura e con la terra, che ci genera e ci alimenta. Le mie opere rappresentano dunque l’anelito a una fusione primordiale con il Tutto, che parte da se stessi per espandersi verso l’esterno.

6. Perché il volto può rappresentare la fenomenologia e l’essenza del Sogno? E in che modo lo rappresenta, attraverso quali simboli e quali archetipi universali?

Il volto è una mappa che ci permette di comprendere gli altri. Attraverso la vista, che è il senso che usiamo di più, noi possiamo riconoscere, attraverso il volto, una persona, la sua identità unica e irripetibile, e possiamo anche percepire parte del suo mondo interiore, e dunque anche i suoi sogni. E certe espressioni facciali sono universali: sono il corrispettivo inequivocabile di certe caratteristiche dell’universo intimo di un essere umano.

7. Che rapporto esiste, secondo te, tra l’anima e il corpo?

Sono la medesima cosa, ma su piani energetici diversi. Il corpo si plasma e si modifica a seconda degli stati d’animo; è uno specchio che riflette le emozioni.

8. Quali emozioni vorresti che la tua arte suscitasse negli spettatori che ne fruiscono? Quali i messaggi che vorresti comunicare?


Vorrei suscitare, con le mie opere, emozioni che permettano alle persone che ne fruiscono di ricontattare parti di sé, per raggiungere un maggior livello di consapevolezza e armonia. E vorrei riuscire a comunicare allo spettatore le stesse sensazioni che sento io, creando così una sorta di risonanza ed empatia che connetta me agli altri.

Chiara Manganelli


Per informazioni:
Bottega Indaco - Via Frassineto, 34 – 10139, Torino - Tel. 347 8143278 - bottegaindaco@tiscali.it - http://www.bottegaindaco.blogspot.com/

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Catalogo in sede, a cura di Nicola Angerame e Chiara Manganelli