sabato 1 agosto 2009

BAMBINA DI IERI, BAMBINA DI DOMANI

Guardo, da finestre affacciate sull’ambiguità sottile del tempo, due occhi blu che si immergono nel mare, che vi si specchiano fino a confondersi con esso. Sgranano filigrane di lontananza inquieta; si rifrangono in baluginii che divengono dardi di dolcezza scagliati contro nuvole di panna montata, così gustose e allettanti da inebriare le labbra vermiglie dei pensieri. Giocano a inseguire pesci scalpitanti e a inventare collane di alghe e bracciali di conchiglie.
Le risate sono candide ragnatele di salsedine che imprigionano l’eternità della notte, per suggellare speranze future che sono già reali in quello spazio recondito e magico che giace sotto la pelle del mondo consueto e conosciuto .
Dedali di languore solcano la sabbia che odora d’oro, e il pulviscolo dei sogni di domani, come stella che dipinga di sfavillanti colori l’oscurità ammaliante della galassia, sparge pioggia di luce iridescente lungo i sentieri del buio immobile.
Nelle mani piccole e goffe stringo tutto ciò che sarà, tutto ciò che ho già vissuto e che vivrò.
La perfezione esoterica del cerchio si compie tra pupille che parlano con il fiato dell’imperscrutabilità apparente. Oracoli di carne e sangue bruciano l’eresia dei dogmi senza bisogno di arroganti sentenze né di pubblici roghi.
Scolpisco, dentro la sostanza lattiginosa e languida della mia anima, frammenti di un tempo invisibile, di speranze silenziose e tremanti. E la linea che generava eventi asincroni e cacofonici, dove io ero sempre in un luogo e in un tempo diversi da quelli desiderati e immaginati, si trasforma ora in un punto, dove tutto è. Senza distanze, senza incongruenze, senza dicotomie, senza convulse corse e logoranti attese.
Gli elfi, con i loro cappelli obliqui e tintinii di fragorose facezie, escono dalle pagine aride e consunte delle fiabe per diventare scintille di sogni che scherniscono la realtà, avviluppandola con seducenti profumi di meravigliosi paradossi.
Il limite stabilito viene superato. Basta scegliere la temerarietà. Basta scegliere di sciogliere il nodo scorsoio che ci lega all’àncora di paure che spezzano il respiro e la fantasia.
Il nostro veliero può rimanere per sempre attraccato a un porto conosciuto che non cangia mai.
Facciamoci invece pirati intrepidi e impudenti; percorriamo l’oceano della vita a caccia di scorribande palpitanti e tumulti travolgenti.
Buttiamoci, come tuffatori pazzi e sconsiderati, a capofitto giù dalla rupe, per volare altrove, oltre ciò che viene considerato possibile. Le nostre ali non sono di cera: il sole ne è la quintessenza, non le brucia, anzi, ne alimenta la consistenza.
Ogni sguardo ci porta sempre più in alto.
Credevo di essermi affacciata a contemplare i ricordi di un tempo che fu. E invece ciò che sto guardando deve ancora avvenire, eppure è già accaduto.
E’ un gioco sublime e ambivalente di specchi e di audaci e rocamboleschi balzi, avanti e indietro, nell’anima e nel tempo. E percorro viaggi emozionanti e imprevedibili, accovacciata dentro un pallone aerostatico indaco che mi avvolge e mi protegge come un ventre materno.
Attingo a quello sconfinato serbatoio di bellezza che scioglie i grovigli degli Io caparbi e accartocciati dentro grumi di stoltezza, e raccolgo la linfa segreta che dona acqua al fiume, aria ai polmoni, sangue alle vene, luce agli occhi, inesauribile e fantasmagorica fonte di vita.