domenica 18 maggio 2008

CHI NON HA IL SUO MINOTAURO?

PROLOGO

Terribile chimera, mostro nato da un ventre ubriaco per scherno e punizione degli dei, chi sei veramente? Che cosa vuoi da me?

Come per nemesi infinita, mi condanni a vagare tra i respiri asfittici di un sole nero. Ti rinchiudo fra gli abissi tortuosi del mio labirinto, dove io stessa mi perdo, ti ricaccio giù, nel fondo del fondo, nello spazio obliquo e instabile dove l'anima annega e si contorce.

Ti relego nel regno delle ombre, ma tu, beffardo, ti cibi di esse, le plasmi e le trasformi, conferendo loro sembianze di ammalianti e seducenti sirene, e me le porgi millantandole per splendidi doni. Timeo danaos et dona ferentes.

Così io ti rifuggo, velenoso mistificatore, rabbioso e deforme fantasma che popola le mie notti inquiete.

La mano del tuo stesso padre ti ha ingannato e intrappolato, e per un perverso gioco del fato, la vittima si è tramutata in carnefice.

Quanto sangue ancora, di teneri fanciulli sacrificali, desideri venga versato, prima che la tua incessante sete di vendetta sia placata?

Le Erinni scagliano i loro dardi infuocati su quest'isola tetra, e io assisto inerme alla disfatta, davanti a un cielo livido che annuncia tempeste tumultuose.

Emblema di segreti inconfessabili, di tranelli e illusioni, pagherò questo fio salato fino al giorno in cui non ti vedrò capitolare.

Ma volgi lontano da me il tuo sguardo e trema, poiché dal mare giungerà la salvezza. Intravedo già una vela bianca che porta la luce.

Chi può essere l'impavida creatura che ci affrancherà da questo vorticoso gorgo di ossessioni?

Lui intanto è ancora lì, il mio dolce e terribile Minotauro, a trastullarsi tra le pieghe frastagliate della mia anima. Si attorciglia a ogni umore, si infila in ogni pertugio della mia mente.

Talvolta si assopisce e tace, ma il suo silenzio rimbomba come eco minacciosa e torva, ancor più del suo fragore.


EPILOGO


Il mostro è stato ucciso. Il filo è dipanato. Teseo è stato liberato dalla ragnatela di impervi cunicoli e antri oscuri. Ma chi detiene il bandolo della matassa?

Le gesta di un eroe fedifrago si spengono repentinamente come lingue di fuoco nell'oceano.

Ha giocato a scacchi con la vita, il saccente Teseo, e ha confuso il re bianco con il re nero, così il mare si è tinto del suo stesso sangue.

Ancora una volta le Erinni tendono l'arco e non falliscono il tiro.

Libertà, finalmente, da ogni Minotauro, da ogni Teseo, da ogni Minosse.

E' mio il bandolo della matassa. Quest'isola meravigliosa, cosparsa di luce e lambita da onde danzanti, ora mi appartiene. E’ la mia agognata Itaca, morbido approdo di sublimi sogni e rilucenti desideri.

Qualsiasi prigione può trasformarsi in languido e sfavillante paradiso. Ogni mostro può essere sospinto nel baratro dell'Ade, perché la mano che lo crea, lo può anche distruggere.


Chiara Manganelli


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