domenica 7 settembre 2008

LA “RAGIONATA SREGOLATEZZA DI TUTTI I SENSI” COME CONDIZIONE INDISPENSABILE PER AFFERRARE IL SENSO PROFONDO DELL'ARTE E DELLA VITA










L'INFLUENZA DELLA POESIA DI ARTHUR RIMBAUD SULLE CORRENTI ARTISTICHE DEL XIX E XX SECOLO

“Io dico che bisogna esser veggente, farsi veggente.
Il Poeta si fa veggente mediante una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi. Tutte le forme d'amore, di sofferenza, di pazzia; egli cerca se stesso, esaurisce in sé tutti i veleni, per non conservarne che la quintessenza. Ineffabile tortura nella quale ha bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovrumana, nella quale diventa il grande infermo, il grande criminale, il grande maledetto, - e il sommo Sapiente! - Egli giunge infatti all'ignoto! Poiché ha coltivato la sua anima, già ricca, più di qualsiasi altro! Egli giunge all'ignoto, e quand'anche, smarrito, finisse col perdere l'intelligenza delle proprie visioni, le avrà pur viste!”


Lettera di Arthur Rimbaud a Paul Demeny
Charleville, 15 maggio 1871

Arthur Rimbaud è l'antesignano e l'emblema di una rivoluzione culturale senza precedenti. Egli, sovvertendo i canoni estetici e contenutistici della poesia, rappresenta un fondamentale punto di svolta sia nella storia della letteratura occidentale, sia nella storia dell'arte della seconda metà del XIX e di tutto il XX secolo, che, anche alla luce della sua preziosa eredità, reinventerà i propri parametri espressivi e semantici.
Il geniale e irriverente poeta francese intende rompere ogni schema, creare una frattura netta e insanabile con i paradigmi del passato; la sua poesia scardina tutte le regole fino a quel momento accettate e condivise dall'èlite intellettuale dell'epoca, rinnegando, da un lato, l'epistemologia razionalista propria dell'Illuminismo e del Neoclassicismo, e, dall'altro, distanziandosi anche, in parte, dalla filosofia del Romanticismo.
Rimbaud asserisce che il vero poeta deve farsi veggente, divenire un essere che trascende il proprio illusorio e si spinge al di là della vita per poi ritrovarla. Solo così si può giungere a celebrare l'essenza magica e onirica di un'esistenza che ha il sapore di una realtà ben più complessa di quella che siamo abituati a vedere e a percepire. Ci si trasforma in veggenti quando si è disposti ad abbandonare ogni mendace conoscenza a priori del mondo delle forme, ogni pregiudizio, ogni sapere appreso, quando ci si lascia travolgere e avvolgere dall'ignoto, dal sogno, dal mistero seducente e meraviglioso della vita al di là delle apparenze e delle convenzioni.
Attraverso il sacrificio della propria riottosa e ottusa razionalità, si riesce ad approdare tra le sinuosità strabilianti di territori mistici e incontaminati, affascinanti e spaventosi; si arriva ad afferrare “l'alchimia del verbo”, a misurarsi con la vera materia dell'arte e della poesia: l'ineffabile. Ma bisogna rinunciare a quell'Io imperante e minaccioso che ci impone di seguire i sentieri triti e tranquillizzanti della realtà transeunte e immanente. Dobbiamo spogliarci degli orpelli opprimenti della paura e tuffarci dentro mari sconosciuti, deliranti e temerari, i cui abissi possono custodire scintillanti e languidi deliqui, ma anche terribili incubi e devastanti sofferenze. Bisogna essere disposti a correre il rischio. Perché quando si rinnegano salde, posticce e tenaci certezze, ci si può anche perdere e disgregare in mezzo ai turbinii impetuosi e tumultuosi di oceani in rivolta.
Dunque è necessario superare la realtà fenomenica, ammutinarsi, abiurare, andare oltre, altrove, essere surreali. Ma per andare dove? Qual è la meta del viaggio? Forse il viaggio stesso, forse l'anarchia dello spirito. L'ineffabile, appunto. Ciò che si può percepire ma non si può spiegare.
A. Breton affermò che Rimbaud fu surrealista nella pratica della vita prima ancora che nella pratica della poesia. E' indispensabile immergersi nel proprio universo onirico e allucinatorio, e attingere da esso suggestioni, folgorazioni e frammenti di sogno per poter elargire all'arte qualcosa di veramente unico, illuminante e prezioso.
Se l'arte si limita a riprodurre e descrivere la realtà che è sotto gli occhi di tutti, qual è il suo senso ultimo? Un bell'esercizio di virtuosismo e tecnicismo?

Molti artisti, dal XIX secolo in poi (ma non solo) si trovano stretti e limitati da questa visione assai depauperante e svilente, e sentono la necessità di rompere le righe in modo violento e provocatorio, tentando strade sfrontate e audaci, e ridefinendo “un'escatologia dell'arte” che ne metta in discussione non solo i canoni estetici, ma anche i canoni gnoseologici.
Nascono così correnti culturali e artistiche quali il Simbolismo, il Surrealismo, la Metafisica, il Dadaismo, il Fauvisme, e molte altre ancora, diverse tra loro, ma aventi tutte in comune un desiderio di andare oltre l'universo empirico e manifesto, per carpire un'essenza che trascenda la superficie del mondo tangibile.
A influenzare notevolmente il clima culturale tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, si aggiunge la nascita della psicoanalisi. S. Freud, con la scoperta dell'Inconscio, fornirà una base teoretica fondamentale a cui attingere in questo contesto artistico già pregno di fermenti e trasformazioni.
In un'epoca in cui la rivoluzione industriale crea mutamenti sociali irreversibili, improntati su una visione positivista e scientista, portando in auge concezioni quali il liberismo economico di A. Smith e l'utilitarismo di J.Bentham, e gettando le fondamenta per lo sviluppo del sistema capitalistico moderno, la controtendenza artistica e culturale è invece quella di ricondurre l'uomo e la realtà al proprio nucleo magmatico, arcano e simbolico, lontano dal determinismo e dal materialismo imperanti, per recuperare un senso più profondo e sottile dell'esistenza umana.
Rimbaud individua in C. Baudelaire il “principe del sogno”, il precursore raffinato e arguto di quella “veggenza” irrinunciabile a cui l'artista deve ricorrere per farsi aedo, affabulatore, creatore di significati, significanti e nessi reconditi. E Baudelaire, con la sua strenua e incessante ricerca di una bellezza che non sia solo un ideale assoluto e astratto, ma che si coniughi con la “rugosa realtà” e con la compassione, dona alla poesia una dignità stilistica e formale che non ha eguali, e che tocca l'apoteosi nei “Fleurs du Mal”. Rimbaud si spinge ancora oltre. Per Rimbaud la poesia si intreccia con la vita, è la vita stessa: ecco l'enorme insegnamento che ci offre e ci lascia in eredità questo eccezionale poeta visionario, inquieto, poliedrico e ribelle.
La sua tormentata e irrequieta vita, dalle prime fughe dell'adolescenza, all'esperienza politica nella Comune di Parigi, al rapporto ambivalente e travagliato con P. Verlaine, alle numerose peregrinazioni per l'Europa e l'Oriente, fino all'esodo finale, quello in Africa, che ha più il gusto amaro della rinuncia piuttosto che la trepidazione e la sete di scoperta e conoscenza di un viaggio, dimostra che egli ha sempre tentato di fondere la vita con l'arte, inseguendo spasmodicamente l'essenza ultima delle esperienze umane, e diventandone cantore e vate.
Alcuni grandi movimenti artistici, come ad esempio il Surrealismo, hanno raccolto il messaggio di Rimbaud, ne hanno compreso l'immensa portata e l'hanno ampiamente e sapientemente sviluppato.
Basti pensare a pittori quali S. Dalì, R. Magritte e G. De Chirico, che nelle proprie tele rappresentano il sortilegio ammaliante e sconvolgente di realtà denudate del loro senso abituale e convenzionale, per imprimere agli oggetti e alle interazioni tra di essi significati ben più controversi e affascinanti.
Assistiamo quasi a una rivoluzione copernicana dell'arte: per essere artisti è necessario infrangere tutte le regole, diventare anarchici e rinunciare a “capire”, per affidarsi solo al “sentire”.
Bisogna dunque assaporare la vita, morderne intensamente la polpa, scendere negli inferi dannati e incantati del proprio inconscio, e guardare le cose non con gli occhi della ragione, ma con gli occhi della sensazione pura, accogliendo in sé tutto e il contrario di tutto; farsi creature plasmabili e modellabili, sempre in divenire e in movimento, assorbire l'esistenza, lasciarsi guidare dai sensi, senza però mai annullarsi e perdersi in questa pericolosa e rocambolesca ricerca, perché abbandonarsi alla sensazione, fino al punto di diventare la sensazione stessa, è un rischio mastodontico e incalcolabile, è una corsa cieca e convulsa sul filo di un rasoio, che può condurre alla follia e alla perdita della propria identità. “L'ora nuova è severissima” come Rimbaud stesso afferma in “Une Saison à l'enfer”. Ma ci sono cose che non hanno prezzo.

Chiara Manganelli



VOYELLES

A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali!
Un giorno dirò le vostre segrete origini:
A, nero vello sul corpo di mosche splendenti
Che ronzano intorno a crudeli fetori,

Golfi d'ombra; E, candori di vapori e tende,
Lance di fieri ghiacciai, bianchi re, brividi d'umbelle;
I, porpora, rigurgito di sangue, labbra belle
Che ridono di collera, di ebbrezze penitenti;

U, cicli, vibrazioni divine dei verdi mari,
Pace di pascoli d'animali, pace di rughe
Che l'alchimia imprime sulle ampie fronti studiose;

O, suprema Tromba piena di strani stridori,
Silenzi attraversati da Angeli e Mondi:
O, l'Omega, raggio viola dei suoi Occhi!

Arthur Rimbaud

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