giovedì 22 maggio 2008

EMIGRARE

Ombre che passano tremanti e furtive.

Ombre fredde di tramontana.
Luci sul filo dell'incertezza.
Vortici danzanti di sogni ruggenti, densi e deliranti.
Fiele che si mescola all'ambrosia

e scioglie i suoi grumi

nel ricordo vago e struggente

di un'amarezza voluttuosa.
In gola spilli di dolcezza pungono i respiri.
Sulle labbra convulse

la titubanza si mischia all'audacia

e sputa le spine
di una follia asettica, asciutta e programmata.
L'orizzonte non è altro che un travolgente amplesso tra il cielo e il mare,
dove si staglia la forma imprudente e seducente di un tempo confuso,
emblematico e visionario.
E mi fermo sull'orlo frastagliato della battigia a farmi inghiottire

dalle tempeste gorgheggianti di oceani neri e rabbiosi.

Davanti a me

colori, odori, tuoni, suoni e uragani che ancora non conosco.
Gira, vira, beccheggia ed esplode l'alba,

avvolge i nervi schiacciati e contorti

tra le sue cosce rosa e maliarde.
Evapora la paura,

si dipanano i grovigli di un dolore sordo e ostinato.
Andare.

Ma senza fuggire.
Coltello tra le mani per aprire i gusci dei sorrisi

e recidere le lacrime.
Gustoso stupore e fantasia

da masticare come companatico.
Andare,

per seppellire fantasmi torvi e meschini,

gonfi di sofferenza e scherno.
Andare,

per afferrare e carpire un senso,

strapparlo dalla caparbietà ottusa dell'immobilità,

cercarlo tra volti consumati dal sole,

tra brecce di nostalgia,

tra venti ancestrali,

tra dedali scoscesi.
Scavare, mordere fino a divorare lo scheletro dell'aria e del mare,

e vomitare ogni spregevole riluttanza,

ogni scalpitante e ignorante timore.
Grattare fino a far sanguinare le unghie,

fino a sparpagliare i pensieri tra i ciottoli profumati di sale e vita,

tra le onde vibranti e inquiete.
Lontano da queste nebbie spesse e sterili.
Lontano da questo ghetto di cemento gretto e spento.

Chiara Manganelli

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