Al Teatro Alfieri di Torino, dal 9 al 14 dicembre, è di scena “Inferno”, rocambolesco spettacolo di danza ispirato ai canti danteschi della “Divina Commedia”.
Dall'autore di “Nogravity” - Emilio Pellisari - un'affascinante reinterpretazione del viaggio di Dante e Virgilio attraverso cerchi, bolge e gironi infernali, dove predomina il linguaggio del corpo, dell'acrobazia aerea e della coreografia.
Emilio Pellissari, già ideatore di originali performance, profondo conoscitore del teatro fantastico rinascimentale e di incredibili stratagemmi meccanici, questa volta porta in scena uno spettacolo temerario e ardito, denso di sorprese ed effetti sbalorditivi.
Confrontarsi con l'imponente e mastodontica eredità della “Divina Commedia” già è un'impresa ardua, ma renderla attuale, esaltante e coinvolgente senza sminuirla e banalizzarla, è davvero encomiabile.
Lo spettacolo è un vero capolavoro, e niente è lasciato al caso: dalle eccentriche e poliedriche musiche etno-tech e classiche di Giuliano Lombardo e Oscar Monelli, alle luci sapienti che evocano atmosfere oniriche e inquietanti, ai costumi, alle fantasmagoriche coreografie di Noemi Wolfsdorf. Le abilità tecniche ed espressive dei danzatori sono a dir poco eccezionali: mai una sbavatura, mai un movimento incerto, barcollante, impreciso o spurio. E la loro sintonia è ineccepibile, sia nei movimenti dinamici, sia nei passaggi statici. A elargire un ulteriore tocco di prestigio e lustro: la voce recitante di Vittorio Gassman, che accompagna le meravigliose gesta dei ballerini declamando alcuni versi tratti dai più celebri canti dell'”Inferno” dantesco.
Lo spettatore viene inghiottito, fin dall'inizio, da atmosfere oniriche, surreali, cupe, ambivalenti e dense di suggestioni sensoriali.
L'incipit è solenne, carico di pathos e tensione: “Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'etterno dolore, per me si va tra la perduta gente” (Inferno, Canto III) esordisce Gassman. E da qui inizia un viaggio strabiliante che non lascia tregua e respiro, tra angeli, demoni, diavoli, anime dannate che si flettono, si ribaltano, si allungano, si comprimono, si contorcono, immerse in una dimensione senza tempo, in un oceano rarefatto dove i riferimenti spaziali vengono sovvertiti e stravolti. Assistiamo così a mirabilanti e sinuose acrobazie di corpi in bilico su un filo o che strisciano come gechi sui muri scoscesi del dolore e della perdizione. Una schiera di spiriti ubriachi di follia nuota tra limbi oscuri, lattiginosi e infuocati, brancola nel buio, sospesa in un nulla vischioso e acquoso, costretta a pagare il fio dei peccati terreni a causa dell'inappellabile e perentoria legge della nemesi.
E, dopo infinite peregrinazioni, finalmente la scala vivente che conduce alla luce.
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