Giovedì 4 dicembre 2008, presso l'associazione “Energea” di Milano, è stata inaugurata la prima mostra collettiva di “ArteIndaco”, progetto artistico dedicato al rapporto tra arte e spiritualità.
Questa è la prima di una serie di esposizioni che avranno luogo in varie città italiane e coinvolgeranno numerosi artisti.
In mostra, fino al 21 dicembre, le opere di: Ciro Palumbo, Akira Zakamoto, Claudia Giraudo, Ada Muniel, Anna Maria Martini, Marida Maccari, Viviana Ammannato, Alessandra Daya Arnoletti, Maria Elena De Maio Cacciotti, Elena Copetti, Edimar Marcelo Costa, Cristina Gualmini e Manuela Marussi.
Il catalogo della mostra è a cura di Sergio Motolese e Pietro Abbondanza.
“ArteIndaco” (http://www.arteindaco.blogspot.com/) nasce nell'aprile 2008 da un'idea di Luca Motolese (in arte Akira Zakamoto), in collaborazione con “Stazione Celeste” (http://www.stazioneceleste.it/) e Bottega Indaco (http://www.bottegaindaco.blogspot.com/).
Lo scopo di questo progetto è creare una rete di artisti che scandaglino il tema della spiritualità attraverso la ricerca artistica. Un luogo di incontro, dunque, tra persone desiderose di confrontarsi con sensibilità affini, ma anche una fucina di linguaggi facondi, versatili e poliedrici, in divenire continuo, che attingono la propria forza da matrici simili eppure diverse. Non ci sono canoni stabiliti aprioristicamente; esiste solo l'anelito spontaneo e libero di potersi esprimere attraverso il mezzo artistico inteso come strumento ermeneutico che dà forma e intelligibilità alla dimensione interiore, a quella spinta atavica che da sempre l'uomo custodisce dentro di sé: la propria trascendenza, quel quid mistico e misterioso che scavalca l'immanenza per lambire il divino.
Le apparenti aporie qui si smussano e si sciolgono, perché il trade d'union non è una particolare forma di spiritualità o religione, ma la religiosità profonda che alberga nell'essere umano, indipendentemente dalla sembianza e dallo stilema che acquista quando si esteriorizza. La libertà d'espressione, dunque, è la chiave per comprendere il senso di questo progetto. La lettura avviene su metalivelli diversi e a volte apparentemente dissimili, ma, paradossalmente, le differenze esaltano la Bellezza, la incarnano e la valorizzano, elargendo un'armonia eclettica che oltrepassa i paradigmi attesi per addentrasi in un territorio più sottile e intrigante: quello, appunto, della libertà di comunicare ciò che si sente nella maniera a sé più congeniale e consona, senza regole e dogmi.
In “ArteIndaco” gli artisti non solo si incontrano, ma si confrontano e si contaminano, in un percorso scevro da giudizi e pregiudizi. Perché non c'è una “Verità” da svelare, una teleologia da rivendicare, una strada da intraprendere, e neppure alcun intento catechizzante, per fortuna. Esiste solo il piacere di seguire l'impulso che l'anima e l'intuito suggeriscono, senza schemi prefissati né semiologie imposte. La significazione e la comunicazione non seguono strade obbligate. Ognuno può attingere ai propri simboli e al proprio sentire profondo, dando spazio alle proprie ancestrali e intime risonanze. Un simbolismo escatologico sussiste sempre nelle opere di tutti gli artisti di “ArteIndaco”, ma la decifrazione dei simboli sta nell'individualità piuttosto che in una dottrina specifica a cui dover aderire. In questo modo si scongiura il pericolo di creare una setta autoreferenziale dove l'arte diventerebbe mera tautologia prevedibile e scialba, espressione di postulati piuttosto che delle peculiarità di ognuno. La ricerca gnoseologica e artistica non vuole essere di tipo deduttivo, ma piuttosto induttivo, perché solo così è possibile dare respiro all'Arte, concepita come sublimazione estetica dell'universo spirituale di ogni essere umano.
“Bisogna avere ancora del caos dentro di sé per partorire una stella danzante”
F. Nietzsche, “Così parlò Zarathustra”
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