“La prova del miele”, scritto dalla poetessa siriana Salwa Al-Neimi, somiglia più al diario stucchevole, ingenuo e sfilacciato di un'adolescente piuttosto che a un romanzo erotico.
Acclamato ed encomiato in tutto il mondo come il bestseller dell'anno, in realtà questo libro non ha
niente a che vedere con la grande letteratura erotica del Novecento, densa di sensualità, seduzione e spudoratezza, che annovera, tra i suoi più noti esponenti, autori del calibro di Henry Miller, Anais Nin e Dominique Aury, solo per citarne alcuni.
Un romanzo decisamente scialbo e privo di mordente, che non riesce a rapire e a stuzzicare il lettore con il fascino sottile, velato e ammiccante dell'erotismo, ma neppure riesce a “scandalizzarlo” e a scuoterlo con una prosa concitata, esplicita e impudente, come un'onesta e sana opera pornografica esigerebbe. E non è neanche un romanzo d'amore.
La protagonista del libro, una bibliotecaria del dipartimento di Arabistica dell'Università di Parigi, tesse, dalla prima all'ultima pagina, infinite lodi alle gesta erotiche del “Pensatore”, uomo fondamentale per lei, amante- maieuta che la inizia ai misteri e ai piaceri della carne. Il tutto condito con riflessioni sparse e confuse, ricordi vaghi e imprecisi, e riferimenti letterari e linguistici deboli e sfuggenti.
Le premesse sono promettenti, ma poi la prosa diviene scipita, traballante, in certi punti addirittura tediosa.
Ogni tanto si scorge qualche intrigante e appassionante barlume, ma subito la scintilla si spegne.
E' curiosa e originale l'analisi etimologica che l'autrice tenta di compiere citando alcuni stilemi e vocaboli della lingua araba, ma essa è troppo frettolosa. Così come i riferimenti ai testi antichi di letteratura erotica araba, scritti da grandi maestri sùfi: tutti spunti molto interessanti, che però cadono nel vuoto, si disperdono, scivolano via lasciando in bocca un appetito che non trova mai sazietà. Il lettore rimane costantemente in una dimensione di attesa che non viene mai colmata e soddisfatta.
Anche il concetto “tantrico” del piacere carnale come mezzo per raggiungere l'elevazione morale e spirituale è sicuramente degno di nota. Ma pure in questo caso l'analisi risulta essere superficiale, farraginosa, fragile e lacunosa.
Ennesimo tema che avrebbe potuto essere analizzato e sviluppato, e che invece viene solo sfiorato e accennato, è il rapporto tra sessualità e femminilità nella cultura musulmana.
Un romanzo, dunque, pieno di potenzialità, ma che fatica a decollare, che lambisce tutto fugacemente, senza mai andare in profondità, e che lascia nel lettore un senso di insoddisfazione, frustrazione e incompiutezza.
Chiara Manganelli